Acqua 'sostenibile' e 'circolare', le strategie per fare bene all’ambiente e al business

Dal Green New Deal europeo ai territori, come trasformare la strategia in impianti. Il percorso virtuoso del Gruppo CAP

a cura di Rosella Redaelli

18 novembre 2021

È una storia lunga novant’anni quella del Gruppo Cap. Nasce infatti il 27 febbraio 1928 per volontà di alcuni comuni del bacino del Seveso con l’obiettivo di portare acqua potabile nelle case dei milanesi.

Da allora il Gruppo è cresciuto, oggi è un’azienda pubblica con 200 comuni soci e gestisce quasi 6.500 km di rete acquedottistica e oltre 6.600 km di rete fognaria, 40 depuratori e 310 impianti di potabilizzazione della Città metropolitana di Milano oltre ad alcuni comuni nelle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese e Como. Il Presidente del Gruppo dal 2014 è Alessandro Russo che qui racconta il piano di sostenibilità e l’impegno per un’economia circolare della risorsa acqua.

Sensibili, resilienti, innovatori sono le parole chiave del vostro piano di sostenibilità, come le declinate?

Sono i pilastri del nostro Gruppo inscritti nel Piano di Sostenibilità e che guidano le nostre azioni e i nostri obiettivi. Non è un percorso semplice perché significa trasformare completamente un’azienda e i suoi processi, ma la sostenibilità è nel nostro DNA, in fondo la nostra prima missione è da sempre quella di portare l’acqua nelle case dei cittadini. La sensibilità è ciò che caratterizza il rapporto con i nostri utenti per favorire il consumo dell’acqua potabile dal rubinetto di casa; siamo resilienti perché ci adattiamo ai cambiamenti con attenzione all’ambiente e infine innovatori perché siamo attenti al cambiamento e investiamo in progetti di digitalizzazione e innovazione.

Gruppo Cap

Siete la prima la prima utility nel settore idrico in Europa a ottenere da RINA la certificazione XP X30-901 di AFNOR per il proprio sistema di gestione dei progetti di economia circolare. Cosa comporta?

La certificazione attesta il nostro impegno a sviluppare e definire gli obiettivi di continuo miglioramento per il sistema di gestione e per realizzare, migliorare e promuovere strategie di economia circolare, contribuendo alla promozione e allo sviluppo di sinergie industriali, al fine di migliorare l'utilizzo efficiente delle risorse. La certificazione attesta inoltre tutte le nostre strategie di manutenzione preventiva sugli impianti e l’uso di strumentazioni adeguate per estendere la vita utile delle dotazioni, adottando politiche di acquisti sostenibili per tutte le forniture del Gruppo.

Di economia circolare parlate nella pubblicazione “Pensare e fare economia circolare. Dal Green New Deal europeo ai territori, come trasformare la strategia in impianti”. Quali sono i temi affrontati?

Si tratta del terzo volume della collana Linee d’acqua per Guerini editore che sarà in vendita da gennaio. Crediamo sia importante fare divulgazione, raccontare le nostre esperienze. Qui parliamo di simbiosi industriale, un concetto importante perché l’economia circolare non può essere solo all’interno dell’azienda, ma deve guardare anche al territorio in cui è inserita. Occuparsi dell’acqua come risorsa significa anche parlare di energia, rifiuti, agricoltura. Dalla depurazione dell’acqua noi produciamo fanghi che sono un rifiuto, ma possono diventare risorsa per produrre bioenergia o fertilizzanti per l’agricoltura.

Qualche esempio di buone pratiche?

Con Milano Ristorazione, la realtà che rifornisce le mense scolastiche di Milano, abbiamo un accordo per la trasformazione in energia dei grassi di lavorazione nel depuratore di Robecco; a Cassano D’Adda dal trattamento dell’acqua ricaviamo fertilizzante; ad Assago le acque depurate servono per la pulizia delle strade. Dico sempre che la sostenibilità è come il cubo di Rubik, non è pensabile fare una faccia alla volta, bisogna procedere insieme.

Gruppo Cap

Economia circolare significa anche dotarsi di impianti nuovi?

Assolutamente sì, altrimenti si rischia di fare solo Green Washing.

Stiamo facendo investimenti importanti in modo oculato. I nuovi impianti dimostrano che si può fare impresa con un modello produttivo che fa bene al business e all’ambiente. A lungo abbiamo pensato che l’ambiente potesse essere un freno allo sviluppo economico, ora c’è un cambio di rotta. Se non sei con l’ambiente non sei impresa e difficilmente troverai investitori disposti a puntare su un’impresa non sostenibile dal punto di vista ambientale.

Voi state realizzando a Sesto San Giovanni una biopiattaforma che è un esempio di simbiosi industriale. A che punto sono i lavori?

È il più grande esempio di simbiosi industriale in Italia. Sulla stessa area avevamo un vecchio inceneritore e un impianto di depurazione delle acque, due siti che non si parlavano. Ora butteremo giù buona parte dell’esistente per realizzare il primo impianto di termovalorizzazione monodedicato ai fanghi di depurazione. Un investimento da 50 milioni di euro che vedrà la luce entro il 2023. Qui entreranno i fanghi di depurazione che saranno trasformati in energia, qui stoccheremo fosforo e azoto per realizzare fertilizzanti, qui tratteremo la frazione umida di 250 mila famiglie della zona a nord di Milano per produrre biometano.

Gruppo Cap

È una strada che altri stanno seguendo in Italia?

È un’idea già sviluppata in Svezia, Svizzera, Germania. In Italia siamo i primi perché abbiamo iniziato a pensarci cinque anni fa, quando sembrava a tutti un’idea un po’ pazza. Ora altri stanno avviando iniziative simili, ma un vantaggio di cinque anni è davvero importante.

Quanto conta la collaborazione con le università e i centri di ricerca nel vostro settore?

È fondamentale. Noi stessi dal 2017 abbiamo aperto un grosso centro di ricerca che collabora con il mondo universitario con la Regione. Siamo capofila del progetto PerformWater 2030 che riunisce 8 aziende, 2 università e collaboriamo anche a livello europeo sul tema del riuso dell’acqua di depurazione per fini irrigui con realtà come quella della città di Berlino.

 
 
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