Un viaggio alla scoperta di cosa significhi compiere un'impresa scientifica portando l'Italia a capo di una spedizione internazionale.
La mia vita è stata scandita dalla mobilità, dagli spostamenti per terra e per mare: da giovane diplomata, quando ho lasciato Macerata – la mia città natale – per studiare geologia all’università di Parma; appena laureata, da dottoranda, quando a Parma si sono aggiunte Trieste e Houston per il dottorato; infine quando, stabilita la base all’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (dove vivo con mio marito e due figli), ho cominciato a partecipare alle spedizioni scientifiche. A guardarmi indietro, credo di essere stata una ragazza di una certa intraprendenza. E pervicacia.
Nonostante mi fossi laureata con una tesi sul Mediterraneo, alla fine mi sono sempre occupata di oceani. Quello a me più familiare è il Mare di Ross, tra i ghiacci polari e le acque antartiche. È un po’ il filo conduttore delle spedizioni affrontate con colleghi di tutto il mondo, un luogo-chiave per indagare su come la più grande coltre di ghiaccio del pianeta stia rispondendo oggi e abbia risposto in epoche remote ai cambiamenti di temperatura sia dell’atmosfera che dell’oceano e, di conseguenza, alle variazioni del livello del mare.