Linguaggi e nuove generazioni, un cambio di visione?

Il contest “Visioni d’impresa” ha visto studenti universitari mettersi alla prova e sviluppare progetti per raccontare l’innovazione delle imprese attraverso linguaggi differenti: fotografia, video, graphic design, installazioni, scrittura. Abbiamo quindi chiesto a un esperto di leggere e interpretare il cambio d'approccio dei giovani ai diversi linguaggi espressivi, per scoprire che...

Per un designer la vita professionale può avere aspetti davvero stimolanti. Tra questi c’è senz’altro la necessità di mantenere un contatto saldissimo con il tempo presente, con i fenomeni – anche fatui e transitori – che attraversano la nostra società. E avere una relazione intellettuale vera con persone giovani facilita enormemente la soddisfazione di questo bisogno. Nel mio caso quel tipo di relazione si costruisce da un lato attraverso la condivisone quotidiana del mestiere con i giovani collaboratori dello studio (di design della comunicazione, Leftloft n.d.r.) e dall’altro con gli studenti, un po’ di tutte le età e di tutte le provenienze.

Per questo ho accettato volentieri l’invito di Assolombarda a condividere la mia esperienza nella relazione con i ragazzi nell’ambito dell’iniziativa “Visioni d’Impresa” in cui alcuni studenti delle università milanesi si sono cimentati nel racconto dell’innovazione nelle imprese attraverso una molteplicità di linguaggi, dalla scrittura alla fotografia, dal video all’illustrazione. 

Ho assistito alla serata di presentazione dei progetti e alla premiazione dei più meritevoli. E, come cercherò di spiegare, ho avuto conferma di quanto brillanti e profonde possano essere le riflessioni compiute dagli studenti e di quanto possano essere utili e foriere di ulteriori riflessioni.

Visioni d'impresa progetti

Dal 2001 ho affiancato al lavoro per il mio studio, quello in università. Da allora ad oggi tutto è cambiato. Nel mondo, negli studenti, in me stesso

Da docente di poco più anziano dei miei studenti, i primi anni ha prevalso in me un approccio frontale, il bisogno di dare, in un rapporto unidirezionale. Solo dopo tanto tempo e dopo un po’ più di consapevolezza, ho capito che esiste un’enorme dimensione del ricevere nella relazione con loro. Ora cerco più che altro di fare da maieuta, di estrarre da loro quello che hanno già e di cui solo non hanno consapevolezza. Non molto più di così. Se c’è un motivo per il quale vale la pena di fare questo lavoro, è proprio per questo circolo virtuoso che si instaura con le persone, nel quale, fuor di retorica, tutti imparano vicendevolmente. Alla fine è un bisogno egoistico.

Ed è soprattutto attraverso quel che ricevo dal confronto con persone più giovani che leggo cambiamenti altrimenti più difficili da cogliere. Ecco che attraverso quella lente vedo la straordinaria accelerazione dei cambiamenti nel mondo che ci circonda. Un mondo che ha accorciato i tempi, ha allargato le sorgenti dei propri input. Il modo in cui fruiamo informazioni e intrattenimento è tutto nuovo. Sono comparsi smartphone, social media, servizi streaming. Quotidiani e riviste fanno sempre più fatica a sostenersi. La produzione di contenuti ha subìto la più grande trasformazione di tutti i tempi: sono in gran parte user generated, presto saranno machine generated. C’è stata la più importante crisi finanziaria dalla grande depressione, e la promessa di crescita senza limiti, se ancora ce ne fosse bisogno, ha dovuto fare i conti con la realtà di una globalizzazione che non ha sortito sempre i frutti sperati. I temi della sostenibilità ambientale e sociale sono argomenti ormai ineludibili e al centro delle agende politiche mondiali. Solo quest’ultimo fatto era impensabile nei primi anni Duemila. Era impensabile che un gruppo di studenti ventenni proponesse progetti in cui la componente ambientale fosse così importante. Ora è normale. E, dopotutto, si tratta della generazione che ha il più alto interesse nel farlo.

Visioni d'impresa progetti vincitori

In questo scenario tutt’altro che statico, infatti, gli studenti sono profondamente cambiati, almeno nella mia esperienza. È proprio nell’uso dei linguaggi dell’espressività che ho registrato i mutamenti più profondi.

Il digitale comincia a raggiungere una maturità che all’inizio dei Duemila era ancora tutta da definire. I ragazzi sono riflesso tangibile di questo. Hanno una familiarità incredibile con l’immagine in movimento, con i trend del design, della grafica, della moda, della tipografia e dell’immagine in generale. Sono aggiornatissimi su tutto ciò che è hype, spugne iper-ricettive dello spirito del tempo.

Forse per la densità e la frequenza degli stimoli, sembra trovare meno spazio, rispetto alla mia generazione, la dimensione storica. Al netto delle tante eccezioni, questa mi pare la cosa più allarmante. Non si può formare un giudizio sul nostro operato senza avere la capacità di relazionarlo a chi ci ha preceduto, a chi già si è espresso sullo stesso tema. Ma forse la mia è una visione umanistica un po’ retrò e in realtà siamo in presenza di una ridefinizione più profonda delle categorie del sapere che chiaramente mi sfugge. 

Rimane il fatto che la relazione con queste menti credo sia un privilegio raro e incredibilmente appagante. E la bella serata in Assolombarda non ha fatto che confermare queste mie considerazioni: sebbene i risultati siano lontani dall’essere progetti perfetti, hanno un pregio enorme, ovvero sono pieni di curiosità, umanità e passione e alle quali manca solo l’esperienza e qualche dimestichezza di strumenti. Ma alla fine curiosità, umanità e passione sono gli unici prerequisiti davvero indispensabili perché nascano grandi professionisti.

Scopri il progetto "Visioni d'impresa", i progetti in concorso e quelli vincitori.

 
 
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