L’arrivo del COVID‐19 ha destabilizzato il nostro modo di intendere la città e il nostro modo di abitarla.
Tuttavia la crisi determinata dall’emergenza sanitaria non deve farci dimenticare che essa è inscritta nel quadro più ampio di quella che è la vera sfida che stiamo affrontando: l’emergenza climatica.
In questo senso occorre guardare le soluzioni che le città stanno implementando a seguito delle criticità emerse dalla crisi COVID-19, con Milano tra le realtà protagoniste del cambiamento. Soluzioni che sono state sviluppate in modo particolare per rispondere al rischio di cambio modale dovuto alla riduzione dell’utilizzo dei sistemi di trasporto pubblico a favore della mobilità individuale, con un potenziale ricorso massiccio all’uso dell’automobile privata.
L’utilizzo della sola automobile in città non è auspicabile non solo per questioni ambientali e di qualità urbana. Ma è anche controproducente rispetto a un’ipotesi di ritorno a un funzionamento “normale” della città. Infatti è pressoché impensabile che una città, per esempio, come Milano possa sostenere un incremento sostanziale di veicoli, tanto sulla rete stradale urbana, quanto sul sistema tangenziale. Non c’è fisicamente la capacità infrastrutturale sufficiente per reggere un cambio modale verso l’automobile. Come dichiarato ironicamente dall’urbanista canadese Brent Toderian “se in una città tutti si muovono in macchina, nessuno si muove”.