Come si muove la città del futuro

Ridistribuzione dello spazio, orari flessibili, smart working. Parte da Milano la visione di una mobilità sostenibile.

di Federico Parolotto

28 maggio 2020

L’arrivo del COVID‐19 ha destabilizzato il nostro modo di intendere la città e il nostro modo di abitarla.

Tuttavia la crisi determinata dall’emergenza sanitaria non deve farci dimenticare che essa è inscritta nel quadro più ampio di quella che è la vera sfida che stiamo affrontando: l’emergenza climatica.

In questo senso occorre guardare le soluzioni che le città stanno implementando a seguito delle criticità emerse dalla crisi COVID-19, con Milano tra le realtà protagoniste del cambiamento. Soluzioni che sono state sviluppate in modo particolare per rispondere al rischio di cambio modale dovuto alla riduzione dell’utilizzo dei sistemi di trasporto pubblico a favore della mobilità individuale, con un potenziale ricorso massiccio all’uso dell’automobile privata.

L’utilizzo della sola automobile in città non è auspicabile non solo per questioni ambientali e di qualità urbana. Ma è anche controproducente rispetto a un’ipotesi di ritorno a un funzionamento “normale” della città. Infatti è pressoché impensabile che una città, per esempio, come Milano possa sostenere un incremento sostanziale di veicoli, tanto sulla rete stradale urbana, quanto sul sistema tangenziale. Non c’è fisicamente la capacità infrastrutturale sufficiente per reggere un cambio modale verso l’automobile. Come dichiarato ironicamente dall’urbanista canadese Brent Toderian “se in una città tutti si muovono in macchina, nessuno si muove”.

Mobilità sostenibile

Possiamo osservare tre grandi ambiti di intervento virtuosi su cui si sta già lavorando.

Il primo è relativo alla ridistribuzione dello spazio urbano a favore della mobilità sostenibile, quindi allargando marciapiedi per i pedoni e definendo percorsi ciclabili e per la micromobiltià in generale.

Il secondo ambito prevede di lavorare sugli orari della città, distribuendo su una fascia temporale più ampia i picchi dell’ora di punta vista la scontata riduzione di capacità del trasporto pubblico per via del distanziamento sociale. Il terzo ambito è quello relativo allo smart working e quindi alla riduzione della domanda di spostamento attraverso l’uso della connettività digitale.

Se però analizziamo queste tre soluzioni in un quadro più ampio, all’interno di un’ipotesi di cambio sistemico per dare una risposta all’emergenza climatica, non possiamo che osservare che queste modifiche non sono solo auspicabili, ma sono tre possibili componenti fondamentali di una nuova visione di città.

La possibilità di “fare spazio” alla micromobilità e ai pedoni per garantire spostamenti sostenibili, riducendo il consumo di suolo urbano da parte dell’automobile e migliorando lo spazio per la vita associata, è assolutamente centrale per garantire quella qualità urbana già raggiunta da molte città del Nord Europa e allo stesso tempo per ridurre drasticamente le emissioni determinate dalla mobilità privata.

Pista ciclabile a Milano
Intervenire sulle ore di punta, pianificando gli orari della città in modo più flessibile, è assolutamente auspicabile anche in un quadro di medio‐lungo termine.

La possibilità di accedere a un territorio molto denso come Milano distribuendo nel tempo i picchi e garantendo quindi un migliore funzionamento delle infrastrutture, risulta essere evidentemente desiderabile anche in una fase post COVID-19. Occorre infatti ottimizzare l’uso delle nostre infrastrutture esistenti, sia su ferro che su strada, evitando il ripetersi di decisioni quanto meno dubbie dal punto di vista ambientale come per esempio la Brebemi.

In ultimo, lo smart working risulta essere la soluzione in assoluto più interessante.

Dopo decenni di crescita esponenziale del consumo pro capite di chilometri a cui abbiamo assistito nel mondo occidentale, al concretizzarsi della possibilità di ridurre una quota sostanziale dei nostri spostamenti principalmente legati al lavoro. Senza compromettere evidentemente la qualità della nostra vita associata, abbiamo capito che possiamo ridurre sensibilmente il bisogno di muoverci

L’idea quindi di una società fortemente connessa ma meno mobile non è semplicemente auspicabile, ma è assolutamente necessaria.

Forse in questa componente si può iniziare a intravedere una possibilità di cambio strutturale.

Insegna all'interno di un tram milanese

A mio modo di vedere, una volta superata la crisi COVID-19, dovremo comunque continuare a puntare alla messa in coerenza dei sistemi di trasporto pubblico di massa e le porzioni di città densa - la relazione diretta tra la concentrazione di domanda di spostamento e i sistemi di trasporto pubblico - resta la risposta ottimale rispetto alla riduzione dell’uso dell’automobile.

Il trasporto pubblico era e resta la soluzione preferibile per i processi di decarbonizzazione.

Una sfida che resta aperta in particolare nelle zone metropolitane o extraurbane ormai plasmate attorno all’uso del mezzo privato. In questo senso la Pianura Padana rappresenta un caso esemplare, plastico, di un territorio che si è sviluppato basandosi sull’automobile. La morfologia di ampie porzioni del nord Italia di fatto induce il ricorso alla mobilità privata.

Negli ultimi decenni infatti - unitamente alla grande dispersione insediativa del nord Italia - abbiamo anche assistito alla progressiva deindustrializzazione a favore della crescita di terziario e leasure dispersa sul territorio. Questa progressiva dispersione unitamente alla desincronizzazione delle nostre attività ha creato una domanda di spostamento debole e diffusa, come evidenziato dal sociologo Matteo Colleoni in “Mobilità e trasformazioni urbane”. 

Metropolitana milanese - Linea gialla
Le città hanno densità, forme, confini e domande di mobilità molto diverse tra loro, pensare a una soluzione univoca che non preveda l’uso dell’automobile in alcune porzioni di territorio, per come si sono conformate nel corso degli anni, risulta semplicemente inapplicabile. 

Immaginare un futuro nel breve, ma anche nel medio e lungo termine, in cui il mezzo privato non sia il modo dominate in questi specifici ambiti territoriali sembrerebbe essere quindi poco credibile. In questo caso occorre puntare a un profondo rinnovamento del parco veicolare andando verso una riduzione drastica delle emissioni e preparando la transizione verso la mobilità elettrica.

La crisi del COVID-19, pur nella sua dimensione tragica e distruttiva, rappresenta una grande opportunità per poter accelerare fenomeni già in atto (come la redistribuzione spaziale delle parti centrali della città)̀ o attivarne altri (come la distribuzione su fasce temporali ampie dei flussi delle ore di punta).

Ma è anche e soprattutto l’occasione per sperimentare sul campo e su vasta scala soluzioni innovative che incidono, riducendola, la domanda di mobilità (come lo smart working). 
Ciclista e runner all'aba
Occorre adesso prendere queste tre componenti e costruire una visione per un futuro che consenta al Paese, e in modo particolare a un Nord Italia così gravemente afflitto da problematiche relative ai livelli di inquinamento dell’aria, una mobilità sostenibile.

La crisi del COVID-19 deve rappresentare la leva per costruire una visione in cui comporre le misure emergenziali ma anche un’idea di futuro per il nostro Paese, un futuro che deve andare nella direzione di rispondere all’emergenza climatica.

Occorre costruire una visione e trovare una leadership che deve necessariamente partire da Milano, la città dove oltre alle risposte emergenziali deve anche costruirsi la visione per un possibile futuro migliore.

 
 
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