Scelti per voi - Covid-19: ripensare alle nostre città

11 giugno 2020

Da poche settimane siamo entrati nella fase di convivenza con il virus Covid-19 e di ripartenza delle attività lavorative e commerciali. Dopo quasi due mesi di lockdown, le persone ricominciano a lavorare presso i propri uffici, a prendere il caffè nei bar, a fare attività fisica nei parchi delle città e nelle palestre, a incontrarsi con amici e parenti dentro e fuori le proprie case. 

Tuttavia, distanziamento sociale, sorveglianza, flessibilità e una ridefinizione delle nostre priorità, ha cambiato il nostro modo di vivere il tempo e lo spazio.

Un impatto significativo di questa crisi sanitaria ed economica riguarda certamente le nostre città. Ma come cambieranno? Come si modificherà la nostra socialità urbana? 

C’è una storica e lunga relazione tra crisi sanitarie e pianificazione urbana: le nostre città nascono all’incirca dieci mila anni fa e da allora hanno vissuto moltissime pandemie ed epidemie. Il World Economic Forum restituisce una fotografia di “How past crises are helping the world's cities to respond and rebuild”: una delle ragioni per cui le città si sono dimostrate così resistenti è che la pianificazione e la progettazione degli spazi e delle infrastrutture si adattano rapidamente.  

Milano - La Biblioteca degli Alberi vista dall'alto

Questa pandemia da Covid-19 non dovrebbe fare eccezione. Il cambiamento è già iniziato e ce lo racconta Jack Shenker sull’inglese Guardian. Una delle questioni più urgenti che dovranno essere affrontate è la tensione tra la densificazione, ovvero la spinta verso una maggiore concentrazione all’interno delle città - considerata essenziale per migliorare la sostenibilità ambientale, così come racconta “Meeting of the Minds” lo spin-off del World Bank Institute - e la disaggregazione, ovvero la separazione dei cittadini, che è uno degli strumenti attualmente utilizzati per frenare la trasmissione del virus.

Anche il sociologo e professore di Urban Studies alla London School of Economics e alla Harvard Univeristy, Richard Sennet sostiene che a lungo termine assisteremo a un conflitto tra le esigenze concorrenti della salute pubblica e il clima. Sennet, in un'intervista rilasciata su L’Espresso a Wlodek Goldkorn, riflette sull’occasione che questa pandemia ci offre nel ripensare i luoghi in cui viviamo, ricercando soluzioni progettuali per far fronte al problema della densità e allo stesso tempo rendendo le città più sicure dal punto di vista sanitario. 

Verde in contesto residenziale

In questo contesto la sfida principale è legata al settore dei trasporti urbani: la più grande trasformazione che vedranno le città riguarda la definizione di una nuova e diversa mobilità, più sostenibile come racconta Federico Parlotto, senior partner di MIC, proprio in un articolo a firma per il web magazine “Genio & Impresa”. 

La ridotta capacità di utilizzo dei mezzi pubblici, soprattutto nelle grandi aree metropolitane come Milano, New York, Londra o Parigi, richiede soluzioni innovative per garantire contemporaneamente il social distancing e la tenuta delle infrastrutture. Una soluzione efficace in questa fase intermedia, almeno fino a quando non verrà trovato un vaccino, viene anche dall’utilizzo di modalità di lavoro flessibile. Sempre più aziende, infatti, stanno definendo sistemi che consentano al personale di lavorare da casa. In questo video pubblicato dalla società di consulenza americana Bain & Company, Karen Harris, la direttrice di Macro Trends, discute del profondo cambiamento nell’economia dello spazio che le imprese sono chiamate a riconoscere e affrontare poiché le modalità di lavoro smart “sono abitudini che molto probabilmente persisteranno”. 

Le ripercussioni sulle città del “calo del costo della distanza” sono potenzialmente enormi: se la vicinanza al luogo di lavoro non è più un fattore determinante nella scelta del luogo in cui vivere, sarà necessario ripensare i centri urbani mettendo al centro l’individuo e la sua sicurezza e questo richiede inevitabilmente, come sostiene il giornale online australiano The Conversation, di ripensare al disegno dell’urbanistica delle città.

Veduta aerea della città

Guardando al lungo periodo, questa crisi s’inserisce in alcuni processi di trasformazione del tessuto urbano e infrastrutturale già iniziati prima dello scoppio della pandemia. A Toronto, il progetto di città sostenibile e tecnologica di Sidewalks Labs, la società di Google-Alphabet, già dal 2017, ha iniziato a lavorare per una infrastruttura stradale on demand, trasformata in uno spazio per pedoni oppure per biciclette, per micromobilità oppure per automobili a seconda delle condizioni imposte dall'esterno.

Il progetto per il momento è stato sospeso, come riporta in una nota il CEO Daniel L. Doctoroff, a causa dell’incertezza economica ma continueranno ad essere finanziate tutte le startup che stanno sviluppando le più innovative e sofisticate tecnologie per il futuro delle città. 

Vivere lo spazio cittadino

Anche la mobilità extra-urbana ha subito un crollo precipitoso a seguito dello scoppio della pandemia, sia nel settore del trasporto aereo che nel settore del trasporto ferroviario.  Alla domanda “Ma come rilanciare la mobilità dei passeggeri dopo l'emergenza COVID-19?” risponde la società di consulenza PWC in uno degli ultimi approfondimenti “Ripartire per il futuro” in cui emerge la necessità di ripensare ad una strategia di lungo periodo per un modello più resiliente e sostenibile di mobilità.

Luoghi, spazi e relazioni all’interno e all’esterno dei perimetri delle città si stanno trasformando: la pandemia da Covid-19 ha stravolto le abitudini e gli stili di vita di tutto il mondo. La città, ancora una volta, è destinata a evolversi. Nel pamphlet “La città per l’uomo al tempo del COVID-19”, edito da La nave di Teseo, il filosofo Massimiliano Cannata, è certo di una cosa: il cambiamento delle città dovrà avere un volto umano e comunitario, mettendo al centro le persone e le relazioni che si instaurano fra di esse.

 
 
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