Credito d’imposta per produzioni 100% made in Italy. La proposta anticrisi dell’Associazione Registi

Intervista al regista Luca Lucini

a cura di Rosella Redaelli

7 settembre 2020

Le immagini dei lucchetti d’amore su ponte Milvio in “Tre metri sopra il cielo” sono le sue e sono arrivate nel mondo. Da quel primo film del 2004 la carriera di Luca Lucini è stata costellata di tanti altri successi al cinema, ma anche nei videoclip musicali, nelle serie e negli spot pubblicitari. Proprio al mondo della pubblicità si rivolge l’iniziativa pensata con il collega Nicolò Bravetta di AIR 3, l’associazione italiana registi, per far ripartire l’Italia dopo il Covid: un credito d’imposta per quelle aziende che sceglieranno di girare spot 100% italiani.

Partiamo dallo stato di salute del cinema e dell’industria degli audiovisivi in Italia post Covid

Purtroppo il nostro settore si è bloccato completamente. Tre mesi senza lavoro in un settore che è già caratterizzato dalla precarietà, con la maggior parte degli addetti che sono free lance e lavorano a progetto. Stiamo parlando di 2 mila imprese, 20 mila addetti che per tre mesi sono rimasti fermi.

Intervista al regista Luca Lucini
È vero che è riuscito a girare uno spot in pieno lockdown?

Le società di telefonia avevano bisogno di continuare a girare e a comunicare e così è nata l’idea di uno spot interamente girato a casa con il telefonino, coinvolgendo familiari e amici.

Vede segnali di ripresa?

Alcune delle produzioni bloccate stanno ripartendo con grandi danni economici, la pubblicità sta ripartendo, nel mondo del cinema ci sono film la cui uscita era prevista nel lockdown che andranno in coda ai nuovi film. Paradossalmente l’industria dell’audiovisivo si è bloccata quando la gente chiusa in casa aveva più bisogno di contenuti e ha trovato il tempo per vedere nuove e vecchie serie e tanti film.

C’è una ricetta per far ripartire l’Italia, almeno l’industria dell’audiovisivo? (interviene nel collegamento telefonico anche il collega Nicolò Bravetta)

Abbiamo pensato ad una sorta di manifesto per la ripresa di un settore che, secondo i dati Nielsen, nel 2019 ha generato 7 miliardi di euro. Un logo per poter premiare quei clienti pubblicitari e quelle produzioni che si avvarranno al 100% di tutta la filiera italiana per girare uno spot. Significa girare in Italia e non all’estero dove spesso è più conveniente e c’è meno burocrazia, avvalersi di registi, attori, tecnici, musicisti, maestranze italiane. Al di là del logo di cui le aziende potranno fregiarsi e di un notevole ritorno di immagine per il sostegno all’Italia in questo momento così difficile vorremmo che ci fosse anche un beneficio fiscale, che fosse riconosciuto un tax credit come avviene nelle produzioni cinematografiche.

Il film “L’Impresa di servire l’Italia” girato da Luca Lucini per Assolombarda è uno spaccato di vita “vera” in stile documentaristico, che sottolinea i valori del coraggio e della consapevolezza del ruolo sociale dell’imprenditore

Avete già avuto un riscontro a questa proposta?

Stiamo confrontandoci con la Confederazione nazionale dell’artigianato (CNA) e l’obiettivo è presentarla al Ministro Franceschini. Sicuramente c’è interesse da parte delle aziende per il valore etico della proposta, ma anche per la possibilità di fare qualcosa di concreto per il rilancio del Paese. L’esterofilia nel nostro settore spesso è una moda e adesso si può lasciare da parte. Abbiamo calcolato che il 30% delle produzioni vanno all’estero perché risulta più economico e con meno burocrazia. Vorremmo un’inversione di tendenza perché abbiamo bravissimi registi, tecnici, fotografi, costumisti che il mondo ci invidia, per non parlare delle location che certo non mancano. 

E allora perché si va all’estero?

Spagna e Ungheria hanno prezzi molto competitivi ed è più facile ottenere i permessi per le riprese. In Italia ci sono regioni con Film Commission molto attente che hanno capito che un film o uno spot aiutano a far scoprire un territorio e sono un volano turistico importante. Penso al Friuli Venezia Giulia, alla Puglia, alla Sardegna che investono molto nel cinema. 

Senza considerare che l’arrivo di una troupe genera altro lavoro…

Certamente, pensiamo a tutto il settore alberghiero e della ristorazione che sono stati tra i più colpiti dalla pandemia e che avrebbero una possibilità di ripresa e poi ci sta a cuore anche l’aspetto formativo: abbiamo giovani talenti costretti ad andare all’estero per lavorare quando potrebbero trovare lavoro e maestri in Italia. È importante generare ricchezza sia economica che culturale.

Intervista al regista Luca Lucini
Parlando di orgoglio italiano, “made in Italy” è anche il titolo della sua ultima serie trasmessa da Amazon Prime e interamente girata a Milano

Ho lottato per girare a Milano, ma volevo raccontare la storia dei geni che hanno rivoluzionato il mondo della moda. La Milano degli anni settanta quella delle Brigate Rosse, ma anche della prima sfilata di Armani, dei colori di Missoni, di Versace e Fiorucci. È una serie che sta andando molto bene anche all’estero, in pieno lockdown ho fatto un’intervista radiofonica con l’Australia e letto commenti molto lusinghieri in Spagna. Il mondo ha voglia di scoprire il bello dell’Italia.

Intervista al regista Luca Lucini
Lei ha girato diversi film proprio a Milano, la sua città, possiamo dire che è tramontato il tempo di Roma e cinecittà?

Stavo proprio lavorando ad un film tutto girato su un treno tra Milano e Roma. Chissà quando mai potrò girarlo. In ogni caso volevo mettere in luce come l’alta velocità abbia unito queste due città con due anime distinte. Milano è la città del business, Roma raccoglie la parte dei creativi, le due nature insieme ci farebbero fare un salto importante per conquistare i mercati esteri.

Lo girerebbe un film per raccontare questo 2020?

L’ho già fatto con due brevi filmati casalinghi durante il lockdown. Un modo per lasciare traccia di quello che abbiamo vissuto.

 
 
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