Negli ultimi 10 anni l’identikit del lavoratore è profondamente cambiato. Dal 2008 al 2018, infatti, sono cresciuti in modo considerevole tra gli occupati le donne (+125mila), i laureati (+320mila) e gli over45 (+700mila). Sono, invece, diminuiti di mezzo milione i giovani.

È quanto emerge da “Il lavoro a Milano”, il rapporto annuale realizzato da Assolombarda, CGIL, CISL e UIL e curato dai rispettivi Centri Studi che raccoglie i dati sul mercato del lavoro e ne traccia l’andamento. L’edizione di quest’anno è dedicata all’evoluzione del lavoro, in considerazione dell’impatto delle nuove tecnologie su competenze, professioni del futuro e organizzazione del lavoro.

Il rapporto evidenzia come in un decennio il mondo del lavoro lombardo sia profondamente cambiato per via dell’evoluzione tecnologica e dell’invecchiamento della popolazione e come la flessibilità del lavoro sia uno degli aspetti di questo cambiamento.

Un cambiamento che ha generato, rispetto al 2008, un aumento del numero totale dei lavoratori in Lombardia, +150mila (alimentato soprattutto dalla crescita del lavoro a tempo determinato, con conseguente diminuzione dell’incidenza del tempo indeterminato dall’88,7% del 2017 all’87,4% del 2018), la maggior parte concentrati nei settori del commercio e dei servizi, a scapito di agricoltura e costruzioni. A beneficiare di questo aumento sono soprattutto le donne: +125mila. Anche perché le tecnologie digitali moltiplicano le opportunità occupazionali del mondo femminile, il cui tasso di occupazione a livello nazionale oggi rimane ancora inferiore al 60%. 

Per effetto delle nuove tecnologie, cambiano anche le percentuali legate ai titoli di studio: la licenza media non basta più. Gli occupati senza almeno un diploma si sono infatti ridotti di quasi 250mila unità in 10 anni, a vantaggio dei diplomati (+80mila) ma soprattutto dei laureati (+320mila), ormai più di un milione in Lombardia.

Da un punto di vista demografico, l’invecchiamento della popolazione e, in parte, la riforma delle pensioni portano ad un aumento dell’età media dei lavoratori. Infatti, crescono gli over45, che nel 2018 sono 700mila in più rispetto al 2008, mentre gli under45 si riducono di mezzo milione. 

Un ulteriore approfondimento del rapporto, volto a comprendere la trasformazione dei lavori esistenti in chiave industria 4.0, ha preso in considerazione alcune figure professionali centrali nei processi produttivi. Nello studio, che ha coinvolto 350 imprese tra Lombardia, Piemonte e Veneto, sugli 80mila dipendenti sono stati censiti 4mila lavoratori (tra i profili di progettista, responsabile della produzione, tecnico di manutenzione, tecnico di assistenza, specialista di logistica): 500 di loro, cioè circa il 12%, risultano in possesso delle competenze 4.0. Se ci si concentra sui circa 2mila lavoratori lombardi, la percentuale sale al 20%, con punte del 40% tra i progettisti di prodotto.

La scolarità media risulta di 5,6 anni se le mansioni vengono svolte in modo tradizionale, mentre sale a 7,6 anni per i lavoratori 4.0 che, inoltre, risultano in media più giovani dei colleghi (41 anni anziché 44). A parità di mansioni svolte, lo stipendio di chi è in grado di utilizzare le tecnologie digitali risulta in media superiore del 2% rispetto agli altri lavoratori. E, infine, un focus sulle aziende lombarde esaminate quantifica in media nel 16% il vantaggio retributivo di chi, a parità di mansioni e anzianità professionale, possiede le competenze 4.0. Questo differenziale rappresenta il valore economico delle competenze digitali.