La vocazione internazionale di Milano è percepibile e misurabile da diversi elementi e fattori: dal punto di vista commerciale, continua ad accentrare il 35% delle esportazioni lombarde e il 9% di quelle italiane. Non solo è al centro degli interscambi europei, ma interagisce anche in modo qualificato con i mercati più lontani e dinamici (in particolare quelli extra-Ue, tra i quali Stati Uniti e Cina, rilevano per ben il 63% delle esportazioni milanesi, a confronto con il 48% di Italia e Lombardia).

Un'ulteriore prova è la presenza sul territorio delle multinazionali: sono 5.400 le imprese del capoluogo lombardo con branch all’estero e circa 4.500 le imprese multinazionali con sede a Milano (il 34% di quelle presenti in Italia).

Eppure le conseguenze della pandemia hanno creato una discontinuità nelle performance commerciali. Dopo esser cresciuto del +22,5% tra il 2015 e il 2019, l’export milanese è stato frenato dal Covid-19: -12,5% la flessione nel 2020, un risultato peggiore della media lombarda (-10,6%) e l’equivalente di 5,7 miliardi di euro di vendite estere perse. 

La pausa imposta dalla pandemia alle vendite all’estero ha comportato per Milano una perdita di competitività pur in un quadro di commercio mondiale in forte arretramento nell’anno? Oppure l’offerta milanese all’estero ha tenuto rispetto alla domanda internazionale?

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