Smart working (1)
Nel corso del 2020 l’adozione di provvedimenti restrittivi per contenere la diffusione dei contagi da Covid-19 ha comportato ricadute su gran parte delle attività produttive e sull’organizzazione del lavoro. I sondaggi condotti da Assolombarda tra marzo e novembre 2020 consentono di fotografare l’’accensione’ e lo ‘spegnimento’ della città di Milano e del suo hinterland in funzione dell’apertura e della chiusura delle attività industriali e dei servizi. Inoltre, permettono di monitorare la diffusione del lavoro da remoto, soluzione che ha sostenuto la continuità del sistema economico (anche nei casi di chiusura nel lockdown di aprile-marzo 2020) e che in generale ha permesso di fronteggiare le limitazioni imposte dalla pandemia. Oggi e anche in prospettiva, la diffusione dello smart working è ampiamente superiore rispetto a prima dell’emergenza Covid-19, a Milano anche grazie a una eccellente infrastrutturazione digitale del territorio (2): le tendenze in atto sollevano un’interrogazione sull’evoluzione del modello organizzativo delle imprese, con conseguenze su tempo e spazi della città.
LE CHIUSURE DELLE IMPRESE
Con riferimento all’attività delle imprese, nei mesi di marzo e aprile (con l’entrata in vigore del DPCM del 22 marzo 2020, che sospende tutte le attività industriali e commerciali ad eccezione delle filiere essenziali, dei servizi di pubblica utilità e degli impianti a ciclo continuo) nella Città metropolitana di Milano risultano aperte circa un terzo delle imprese del manifatturiero e dei servizi (precisamente, il 30% il 26 marzo 2020 e il 35% il 9 aprile) con quote più elevate nel Comune (37% e 38% alla data dei due sondaggi) rispetto all’hinterland (25% e 33%). Con la fine del lockdown e nelle successive rilevazioni condotte fino a settembre, sia Milano sia l’hinterland si ‘riaccendono’ ma in modo graduale, con una progressione superiore nell’hinterland rispetto al Comune (sono limitate all’1% e al 2% le aziende ancora chiuse a inizio settembre nei due ambiti territoriali).