Diventare modello di economia circolare è un obiettivo che parte da lontano, per la Intals, uno dei maggiori produttori in Italia di leghe di alluminio. Addirittura nel 1922, quando il fondatore Vincenzo Vedani e il figlio Carlo aprono una fonderia per alluminio ricavato da scarti e rottami di altre aziende: un po’ per necessità (l’inflazione seguita alla Prima Guerra Mondiale) e un po’ per intuizione (l’alluminio stava diventando metallo primario per le richieste della nascente industria automobilistica). Un secolo dopo la Vedani Carlo Metalli si è trasformata in Intals: due stabilimenti - a Parona in Lomellina e la Somet ad Ambivere, nella Bergamasca -, oltre 260 addetti e 350 milioni di euro di fatturato e presenza commerciale in tre continenti.
Un gigante dell’alluminio “secondario” (cioè quello non prodotto da estrazione) costruito su una saga famigliare che dura da quattro generazioni. L’ultima, il pronipote Marco Vedani, guida l’azienda dal 2005 ed è anche il presidente di Assomet, l’associazione italiana che riunisce i produttori (più di mille) di metalli non ferrosi.