C’è una transizione silenziosa che corre accanto a quella, più visibile, delle rinnovabili: è quella dell’efficienza energetica. Meno spettacolare dei parchi fotovoltaici o delle pale eoliche, ma altrettanto decisiva per ridurre i consumi e rendere competitivo il sistema produttivo italiano. Secondo il 14° Rapporto Enea, nel 2024 l’Italia ha centrato il 90% del target intermedio del Piano nazionale energia e clima (Pniec), risparmiando 4,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio: abbastanza per alimentare oltre quattro milioni di abitazioni.
A trainare il risultato sono stati soprattutto i bonus edilizi e gli incentivi per la riqualificazione energetica, che da soli hanno generato oltre 2,4 Mtep di risparmi. Il SuperEcobonus, pur ridimensionato, continua a pesare, ma crescono anche il Bonus Casa (+112%) e l’Ecobonus (+10%). In totale, gli interventi conclusi al 31 dicembre 2024 hanno coinvolto quasi 447 mila edifici, attivando investimenti per più di 107 miliardi di euro e generando risparmi annuali pari a 49,5 TWh di energia. Numeri che testimoniano come la sostenibilità sia diventata anche un motore economico.
Accanto all’edilizia, il Conto Termico mostra performance record, con oltre 120 mila richieste e 345 milioni di euro di incentivi erogati. Gli interventi hanno consentito di evitare 285 mila tonnellate di CO₂ e di risparmiare 100 ktep di energia finale. Più contenuto, invece, il contributo dei certificati bianchi, in calo del 42% sul 2023, ma comunque superiori agli obiettivi fissati dal Pniec.
L’efficienza energetica si afferma anche come leva industriale. Nel 2024, 569 imprese hanno caricato su Audit102 – il portale Enea dedicato alle diagnosi energetiche – oltre 850 audit, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Gli interventi di efficientamento hanno garantito risparmi per 76,9 ktep l’anno di energia primaria, segno che le imprese stanno progressivamente incorporando l’efficienza nei propri modelli di produzione.
A contribuire al risultato nazionale anche le politiche di mobilità sostenibile, che nel 2024 hanno generato risparmi per 0,43 Mtep, con una crescita del 7%. Il Marebonus e il Ferrobonus restano strumenti centrali per spostare quote di trasporto merci verso modelli meno energivori.
Per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, “l’efficienza energetica non è solo un obiettivo ambientale, ma una condizione per la competitività del Paese”. Parole condivise da Francesca Mariotti, presidente Enea, secondo cui “l’efficienza è il motore di un cambiamento capace di coniugare sostenibilità e innovazione”.
Se la decarbonizzazione è la meta, l’efficienza è la strada maestra per arrivarci: un percorso fatto di tecnologia, formazione e consapevolezza, in cui le imprese italiane stanno dimostrando di saper fare la differenza.
Il mercato dei sistemi di accumulo in Italia sta vivendo una fase cruciale per la transizione energetica e la stabilità della rete elettrica. Negli ultimi anni, la rapida crescita delle fonti rinnovabili ha reso evidente la necessità di infrastrutture in grado di immagazzinare energia e rilasciarla quando necessario, riducendo problemi come sovrapproduzione, congestioni e curtailment. Secondo i dati di Terna, al 30 giugno 2025 nel nostro Paese erano installati circa 815mila sistemi di accumulo, per una capacità complessiva di 16.411 MWh, con un incremento del 69,3% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Il mese scorso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha autorizzato sei progetti di sistemi di accumulo stand-alone per un totale di 648 MW distribuiti in Basilicata, Campania, Lazio e Puglia.Tra questi spicca il maxi-impianto da 280 MW che sarà realizzato a Melfi, mentre altre iniziative sono previste a Sessa Aurunca, Tuscania, Bisaccia, Benevento e Andria, con tecnologie basate su container modulari, sistemi di conversione e infrastrutture di monitoraggio avanzate. In parallelo, il 30 settembre 2025 segnerà una tappa importante con la prima asta del MACSE, il nuovo mercato a termine degli stoccaggi ideato da Terna per garantire 10 GWh di capacità entro il 2028, con particolare attenzione alle regioni del Sud Italia.
L’obiettivo è rendere il sistema elettrico più flessibile e sicuro, utilizzando soprattutto batterie elettrochimiche per coprire i picchi di domanda e integrare meglio le rinnovabili. Il fermento riguarda anche l’industria: Eni e Seri Industrial hanno avviato la joint-venture Eni Storage Systems per sviluppare un polo produttivo di batterie al litio ferro fosfato a Brindisi, con una capacità prevista di oltre 8 GWh/anno. Il progetto, oggi in fase di ingegneria e valutazioni economiche, dovrebbe entrare nella fase esecutiva dal 2026 e si integrerà con lo stabilimento di Teverola, in provincia di Caserta, creando una filiera nazionale delle batterie. Anche il settore del riuso sta avanzando, come dimostra il sistema “Pioneer” inaugurato lo scorso giugno all’aeroporto di Roma Fiumicino da Enel e ADR: una delle più grandi installazioni europee basate su batterie di auto elettriche a fine vita, capace di accumulare 10 MWh e di ridurre circa 16.000 tonnellate di CO2 in dieci anni.
L’Italia si trova così di fronte a una doppia sfida: da un lato accelerare sugli investimenti infrastrutturali e industriali per rispondere al fabbisogno di accumulo stimato, dall’altro costruire una filiera competitiva e sostenibile che riduca la dipendenza dall’estero. In questo scenario, i sistemi di accumulo non sono più un tassello accessorio, ma una condizione imprescindibile per il successo della transizione energetica e per garantire la sicurezza della rete elettrica nazionale, soprattutto in vista degli obiettivi europei di decarbonizzazione e dell’incremento previsto della generazione rinnovabile.
Il mercato del lavoro richiede sempre più figure professionali green: lo dimostrano i dati relativi agli ultimi anni. In particolare, il rapporto GreenItaly 2024 evidenzia come nel 2023 le figure professionali legate alla green economy abbiano rappresentato il 13,4% degli occupati totali, circa 3,1 milioni di persone. Le imprese italiane cercano sempre più figure professionali, anche di prima esperienza, capaci di coniugare innovazione, rispetto dell’ambiente e nuove tecnologie.
E il mondo della formazione si è già adeguato alle nuove esigenze. I giovani che si affacciano al mondo del lavoro devono essere pronti. “Le aziende oggi cercano profili ibridi e specializzati – afferma Umberto Lonardoni, direttore generale di Ifoa – come tecnici per la sostenibilità e il controllo qualità nelle filiere agroalimentari, esperti in gestione energetica, logistica sostenibile, digitalizzazione dei processi produttivi con attenzione all’impatto ambientale”. Per questo motivo Ifoa, ente di formazione e agenzia per il lavoro, organizza diversi percorsi formativi che valorizzano gli aspetti professionali legati alla sostenibilità, ormai sempre più spesso in connessione con l’innovazione digitale. È la cosiddetta twin transition, dove competenze green e digitali si intrecciano per accompagnare le imprese verso modelli di sviluppo più competitivi e responsabili. La riduzione degli impatti ambientali, infatti, passa sempre più dall’uso di tecnologie digitali, dall’analisi dei dati per ottimizzare i consumi energetici fino alla digitalizzazione dei processi produttivi per ridurre sprechi e risorse. Ci sono anche ruoli che, pur non essendo green in senso stretto, hanno in realtà un forte legame con i temi Esg, come il safety and environment manager, esperto di salute e sicurezza con focus sulla tutela ambientale, contribuendo a un futuro più sicuro e sostenibile.
Spesso non si tratta di nuove professioni, ma di nuove competenze trasversali richieste in molti settori, dalla manifattura all’agroindustria. Per distinguersi, un candidato deve valorizzare nel proprio curriculum esperienze pratiche, conoscenze tecniche specifiche ma anche soft skills legate alla sostenibilità: project work, stage in aziende green, certificazioni digitali e ambientali, conoscenza di normative Esg faranno la differenza, ma anche saper comunicare il proprio impegno per l’ambiente, non solo ideologico ma concreto, può essere oggi un fattore decisivo in fase di selezione. Ma un green job non è solo una carriera: percorsi del genere rappresentano una scelta di valore che inizia dalla formazione post diploma o post laurea. L’offerta formativa green di Ifoa sarà presentata da Simona Maretti, direttrice dell’ITS Academy Agroalimentare, mercoledì 18 settembre nell’ambito della Green Week, al Planet Art Camp di Green Planner, che si svolge presso il Dipartimento di scienze dell’ambiente e della Terra, in piazza della Scienza 1, Edificio U1-Atlas - aula 09.
Simona Maretti, direttrice dell’ITS Academy Agroalimentare, commenta: “La sostenibilità non è più un tema accessorio, ma un criterio che attraversa ogni settore produttivo, e la formazione deve saper tradurre questa esigenza in competenze operative. Un green job non è solo un titolo professionale, ma una scelta che unisce carriera e responsabilità verso ambiente. Con i nostri corsi ITS e IFTS vogliamo accompagnare i giovani a costruire percorsi che vanno dall’innovazione tecnologica alla valorizzazione del territorio, offrendo opportunità di inserimento rapido nel mondo del lavoro e contribuendo al tempo stesso agli obiettivi di sostenibilità delle imprese.”
Il futuro dell’energia non è più una prospettiva lontana: è già qui.
Nel 2024, secondo Irena, il 91% dei nuovi impianti a livello globale è stato realizzato da fonti rinnovabili. Un segnale chiaro: la direzione è segnata. Perché le rinnovabili non sono solo una risposta alla crisi climatica, ma anche la leva più concreta per ridurre i costi energetici, stimolare innovazione e creare occupazione qualificata.
In questo scenario il governo italiano ha approvato un decreto che semplifica gli iter autorizzativi, correggendo le criticità del Testo unico sulle rinnovabili entrato in vigore a fine 2024. Le nuove regole consentono di accelerare rifacimenti e potenziamenti fino al 15% della capacità, rafforzano le compensazioni per i Comuni e chiariscono i rapporti con la normativa edilizia. Un intervento che, nelle parole del ministro Gilberto Pichetto Fratin, «rimuove ostacoli e dà sprint al settore», favorendo così la crescita degli impianti green e la diffusione delle tecnologie di accumulo.
Il contesto internazionale impone infatti di correre: nel 2024 la capacità rinnovabile installata ha raggiunto i 582 GW, con l’Asia in testa e l’Europa a quota 850 GW. Per centrare i target 2030 occorrerà più che raddoppiare gli investimenti, dai 668 miliardi di dollari attuali a 1.500. Un impegno che porterà con sé anche un impatto occupazionale positivo, fino a 30 milioni di posti di lavoro.
Per l’Italia, semplificazione burocratica e convenienza economica sono i due binari su cui spingere. Come ricorda Ermete Realacci, presidente di Symbola, in un'intervista di oggi su Il Sole 24 Ore, «le rinnovabili, se fatte bene, convengono a tutti i livelli». Per le imprese lombarde ed europee è l’occasione di rafforzare competitività e sostenibilità, senza perdere il treno di quella che è ormai la vera economia del futuro.
Presentati a Cernobbio i risultati del Position Paper realizzato da TEHA Group in collaborazione con A2A
La rapida espansione della connettività e l’adozione su larga scala di tecnologie digitali (cloud, IoT e Intelligenza Artificiale) stanno generando una crescita senza precedenti nella domanda di dati da gestire ed elaborare, rendendo i data center infrastrutture strategiche per la competitività e la transizione digitale. La sfida è riuscire a trasformare impianti altamente energivori (nel 2035 potrebbero raggiungere il 4% dei consumi elettrici globali, il 13% in Italia) in alleati della sostenibilità urbana. Nel mondo si contano 10.332 data center, di cui più di 2.200 in Europa. L’Italia si posiziona al 13° posto con 168 strutture: la Lombardia emerge come polo strategico in rapida crescita, con Milano che concentra il 46% della potenza nazionale, già davanti a città come Madrid e Zurigo. Quattro le leve strategiche di efficienza individuate per garantire uno sviluppo sostenibile dei data center: recupero di calore, utilizzo di aree brownfield, PPA per rinnovabili e valorizzazione dei RAEE. In uno scenario di pieno sviluppo una loro applicazione integrata consentirebbe un risparmio complessivo di 5,7 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno con un beneficio economico stimato di circa 1,7 miliardi di euro. Il solo recupero del calore di scarto dei data center potrebbe alimentare le reti del teleriscaldamento coprendo il fabbisogno termico di circa 800.000 famiglie, evitando l’emissione di 2 milioni di tonnellate di CO₂, pari a oltre il 5% delle emissioni degli attuali consumi residenziali. Un contributo concreto alla decarbonizzazione del settore. Sul fronte economico, lo sviluppo del settore in Italia potrebbe contribuire dal 6% al 15% della crescita annuale del PIL nazionale, abilitando fino a 150.000 posti di lavoro diretti, indiretti e indotti e rafforzando la competitività digitale del Paese.
Fòrema, ente di formazione di Confindustria Veneto Est, presenta il suo secondo Bilancio di Sostenibilità, evidenziando i risultati ottenuti nel periodo 2023-2024. Tra questi spicca il drastico calo del 21% nel consumo di energia elettrica presso la sede di Padova, passato da 66.576 kWh a 52.327 kWh in un anno, a fronte di un obiettivo iniziale del -5%. Questo importante risultato è stato raggiunto grazie all’introduzione di un vademecum anti-sprechi energetici per i dipendenti. Il report evidenzia anche il conseguimento della certificazione UNI/PdR 125:2022 per la parità di genere, raggiunto grazie a politiche su equità salariale, welfare, conciliazione vita-lavoro e smart working.
Con l’80% dei suoi 45 dipendenti a tempo indeterminato costituito da donne (36 su 45, con un incremento netto di due risorse rispetto all’anno precedente), Fòrema si conferma un punto di riferimento per percorsi formativi ESG, progetti europei e innovazioni nel welfare aziendale. Tra i prossimi obiettivi figura, inoltre, l’introduzione di indicatori specifici per misurare il rendimento di ogni euro investito in formazione e sicurezza sul lavoro. “Un modello di formazione responsabile che guarda all’impatto reale, ambientale e sociale, di ogni euro speso”, sottolinea Matteo Sinigaglia, Direttore Generale di Fòrema. Grande attenzione è dedicata anche al welfare aziendale interno, con un significativo ampliamento delle misure a sostegno dei dipendenti. Negli ultimi dodici mesi si sono registrati i seguenti dati: +15% di flessibilità oraria grazie a modalità di lavoro più flessibili; +22% di ore di formazione continua fruite dal personale; introduzione di buoni pasto e di sistemi di MBO (Management By Objectives) per incentivare le performance; nuove iniziative per il benessere psicofisico, tra cui corsi di yoga e mindfulness. In ottica di rafforzamento della vocazione internazionale, Fòrema ha partecipato a progetti europei come HR PLUS (per l’innovazione inclusiva delle risorse umane) ed Emma4EU (per la formazione agli acquisti sostenibili e la lotta alla deforestazione).
Questi percorsi rendono Fòrema un nodo attivo nelle reti europee, in grado di offrire alle imprese accesso a strumenti e risorse altrimenti difficilmente reperibili. Parallelamente, il rapporto con la comunità locale si è rafforzato attraverso corsi gratuiti dedicati a NEET e persone disoccupate, l’organizzazione di eventi culturali e un incremento del 60% nelle collaborazioni con istituti scolastici rispetto al 2023. Fòrema ha consolidato il proprio ruolo di leader nella formazione ESG, sviluppando percorsi specialistici su Life Cycle Assessment (LCA), Environmental Product Declaration (EPD), Intelligenza Artificiale ed ecodesign. Questo know-how supporta le imprese nell’affrontare obblighi normativi sempre più stringenti – come la Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la misurazione della carbon footprint – trasformandoli in leve di competitività. Il prossimo passo, già in cantiere, riguarda l’integrazione della sostenibilità nella progettazione stessa dei percorsi formativi. Fòrema sta lavorando a corsi ideati secondo criteri LCA, alla creazione di un catalogo formativo con l’impronta ambientale calcolata per ciascun corso, e a sistemi per tracciare l’impatto sociale post-formazione (nuove assunzioni, upskilling femminile, inclusione NEET). Ma non solo. Dal prossimo anno il bilancio di Fòrema conterrà anche indicatori specifici sul rendimento di ogni euro investito in sicurezza sul lavoro, così da misurarne l’efficacia in termini di impatto reale. Sarà un ulteriore passo verso una cultura della formazione sempre più orientata ai risultati. Si stima infatti che per ogni euro investito in formazione e sicurezza vi sia un ritorno di almeno 1,15 euro nel business aziendale: la formazione non solo migliora la qualità del lavoro, ma rende anche le imprese più redditizie.
Nel mese di agosto è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Raccomandazione (UE) 2025/1710 della Commissione Europea, adottata il 30 luglio 2025. Questa Raccomandazione introduce uno standard volontario di rendicontazione della sostenibilità pensato per le piccole e medie imprese (Pmi) e le microimprese non quotate. L’obiettivo è facilitare la comunicazione di informazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) da parte delle Pmi, che pur non essendo formalmente obbligate, ricevono sempre più richieste di dati di sostenibilità da parte di grandi imprese, banche e investitori.
La Raccomandazione si rivolge principalmente a: Pmi non quotate e microimprese, invitate ad adottare volontariamente il nuovo standard; Grandi aziende e soggetti finanziari, ai quali si raccomanda di limitare le richieste di informazioni ESG alle sole previste dallo standard; Stati membri, chiamati a promuovere l’adozione del modello attraverso strumenti digitali e supporto operativo. Lo standard, elaborato dall’EFRAG, si chiama VSME (Voluntary Sustainability Reporting Standard for Micro and Small Enterprises) e prevede: un modulo base, con requisiti minimi; un modulo completo, per imprese che vogliano approfondire.
La rendicontazione può avvenire con una semplice autodichiarazione, senza obbligo di certificazione esterna. Questa iniziativa mira a semplificare la rendicontazione ESG, rafforzare la trasparenza e migliorare l’accesso al credito e agli investimenti per le PMI, sostenendo la loro competitività in un’economia sempre più orientata alla sostenibilità.
Per le imprese italiane la sostenibilità non è più solo un valore reputazionale, ma un fattore concreto di accesso al credito. Lo dimostra una ricerca del Politecnico di Milano condotta sulle prime cinquanta banche del Paese: chi rispetta criteri ambientali, sociali e di governance ha più possibilità di ottenere prestiti a condizioni vantaggiose.
Il dato più significativo riguarda il peso attribuito alle performance ambientali: l’83% degli istituti intervistati le considera prioritarie nella valutazione del rischio di credito. Al contrario, solo il 4% dà importanza ai parametri di governance e nessuno privilegia quelli sociali. Una quota rilevante – il 27% – non li prende affatto in esame. Questo squilibrio riflette la maggiore disponibilità di dati standardizzati sul fronte ambientale, mentre sugli aspetti sociali e di governance prevalgono metriche meno omogenee e difficili da confrontare.
Nonostante ciò, la tendenza è chiara. Il 73% delle banche afferma di integrare fattori Esg almeno per metà del portafoglio corporate non quotato, a dimostrazione di un’attenzione crescente verso questi parametri. Con l’entrata in vigore delle nuove direttive europee sulla rendicontazione di sostenibilità, la disponibilità di informazioni diventerà più ampia e affidabile, spingendo a un approccio più equilibrato ai tre pilastri Esg.
Per le imprese, adeguarsi significa affrontare costi iniziali spesso rilevanti, ma con ritorni nel medio-lungo periodo: accesso facilitato al credito, condizioni più competitive e maggiore resilienza a shock esterni. Per le banche, il vantaggio è duplice: riduzione del rischio nei portafogli e rafforzamento dell’immagine in un mercato sempre più sensibile ai temi green.
Decisivo sarà il monitoraggio post-erogazione, che permette di cogliere segnali di deterioramento del credito e prevenire insolvenze. In questo senso, il credito sostenibile può generare un circolo virtuoso: le aziende migliorano le proprie pratiche per ottenere prestiti migliori, le banche consolidano la solidità finanziaria e il sistema economico nel suo complesso ne beneficia.
Se oggi l’attenzione è rivolta soprattutto all’ambiente, domani a fare la differenza saranno anche i modelli di governance e l’impatto sociale. Perché solo un approccio equilibrato potrà trasformare la finanza sostenibile da opportunità per pochi a regola condivisa per tutti.
Negli ultimi mesi si è registrato un aumento significativo delle procedure di infrazione aperte dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia, salite a quota 66, di cui circa il 40 % è legato a settori strategici come ambiente ed energia.
L’accelerazione nei controlli comunitari riflette la crescente attenzione su temi legati alla transizione ecologica e alla sicurezza energetica. In particolare, l’Italia è sotto osservazione su aspetti come il rispetto delle direttive sulle emissioni, il corretto utilizzo dei fondi europei per la sostenibilità e l’effettiva messa a terra delle riforme previste dal Green Deal e dal PNIEC. Le procedure aperte rivelano criticità sia normative sia operative in settori sensibili per la competitività del paese.
Nel dettaglio, le procedure riguardano presunte violazioni in materia di qualità dell’aria, gestione dei rifiuti, autorizzazioni per impianti energetici e il mancato raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Spiccano rispetto a obblighi legati al metano, inquinamento industriale e pianificazione delle rinnovabili. Più parametri di conformità sono monitorati delle risorse stanziate e la velocità della spesa ambientale ed energetica.
Il governo italiano ha più volte dichiarato che, grazie alle riforme e agli interventi regolatori in corso — tra cui la semplificazione delle autorizzazioni per rinnovabili e il meccanismo "Energy Release 2.0" per le imprese energivore — si stiano colmando i gap segnalati dalla Commissione Europea.
Tuttavia, il dato quantitativo delle procedure attive suggerisce che l’Italia deve intensificare il dialogo con Bruxelles e mettere a regime strumenti più efficaci per monitorare la conformità normativa. Se non adeguatamente gestite, le infrazioni possono tradursi in sanzioni pecuniarie e rallentare l’accesso ai finanziamenti europei, minando l’efficacia del PNRR e gli obiettivi di crescita verde.
Secondo fonti europee, il disallineamento può dipendere da lentezze amministrative, ritardi nei piani regionali sulle rinnovabili e mancanze nei sistemi di reporting ambientale. Superare queste criticità richiede investimenti mirati e una governance più efficiente, soprattutto sul monitoraggio dei progetti e sulla trasparenza dei dati. Allo stato attuale, l’onda delle procedure UE appare come un campanello d’allarme: per restare competitivo e allineato agli standard europei, l’Italia dovrà rafforzare la capacità attuativa nelle materie ambientali ed energetiche.
Il 27 luglio 2025, a Turnberry (Scozia), la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente statunitense Donald Trump hanno firmato un accordo che introduce un dazio fisso del 15 % sulle importazioni europee negli USA, dimezzando la minaccia iniziale del 30 % (e perfino una possibile escalation fino al 50 %)
Evitare una guerra commerciale devastante
Trump aveva minacciato aumenti tariffari fino al 50 % su acciaio, alluminio, auto e altri beni europei. Senza accordo, l'UE avrebbe affrontato un shock enorme: dazi al 30 % o oltre dal 1° agosto. L’accordo ha disinnescato questa escalation imminente, portando stabilità e prevedibilità per imprese e mercati.
Il costo della “presa” vs. il rischio del conflitto
Secondo alcune analisi macroeconomiche, un dazio medio del 15 % ridurrebbe le esportazioni europee verso gli USA del 25‑30 %, causando perdite importanti ma meno disastrose rispetto a una guerra commerciale aperta. I dazi sarebbero pagati prevalentemente dai consumatori statunitensi. Per l’Italia si attende un contraccolpo di circa mezzo punto di PIL (10 miliardi di euro), con esportazioni verso gli USA a -30 % (‑22,6 miliardi di euro) e una compensazione di circa 10 miliardi di euro sui mercati terzi. In cambio, l’UE si impegna a investire 600 miliardi di dollari negli USA e ad acquistare 750 miliardi di energia statunitense nei prossimi tre anni, cercando di riequilibrare la bilancia commerciale e ridurre la dipendenza dal gas russo. Von der Leyen ha insistito sul fatto che il 15 % rappresenta un tetto massimo, con “zero dazio” per settori strategici come aeromobili, semiconduttori, farmaci generici e alcune materie prime critiche. Tuttavia, l’accordo è solo un'intesa quadro: restano ambiguità su molti dettagli e alcuni dazi (acciaio/alluminio) restano al 50 % o sotto quota.
Un compromesso precario: resa o realismo?
Molti osservatori hanno descritto l’intesa come una resa anticipata: l’Europa ha accettato una relazione commerciale asimmetrica, senza tariffe di ritorsione sui prodotti americani, e con obblighi sostanziali sulle forniture energetiche e gli investimenti. Nonostante ciò, von der Leyen ha enfatizzato il valore del compromesso per garantire ordinarietà nei rapporti transatlantici. In sostanza, l’UE ha preferito pagare un prezzo economico – il dazio al 15 % – piuttosto che affrontare un’incerta e potenzialmente devastante guerra commerciale con gli Stati Uniti. Il risultato è un equilibrio fragile: un accordo minimalista accettato per evitare il peggio e preservare la stabilità, ma che lascia aperti molti nodi su reciprocità, trasparenza e prospettive future.
Nel 2024, 150 società con azioni ordinarie quotate su Euronext Milan (Exm) hanno pubblicato la Dichiarazione Non Finanziaria (DNF), confermando una crescente integrazione dei criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) nella strategia aziendale. Il dato, diffuso dalla Consob, rappresenta oltre il 70% delle società quotate italiane e il 97% della capitalizzazione complessiva del mercato.
È un segnale chiaro: la sostenibilità non è più una scelta facoltativa, ma un elemento strutturale della governance e della competitività. La DNF, prevista per legge per le grandi imprese, viene oggi adottata anche da molte altre società su base volontaria, anticipando i nuovi obblighi imposti dalla normativa europea in arrivo (CSRD).
Il 73% delle aziende coinvolge direttamente il consiglio di amministrazione nella supervisione delle tematiche ESG, con deleghe specifiche a comitati o funzioni interne. Cresce anche il dialogo con gli stakeholder, con il 90% delle imprese che avvia consultazioni periodiche e mappature dei portatori di interesse.
Sul fronte ambientale, le priorità sono la decarbonizzazione, l’efficienza energetica e la gestione dei rifiuti. In ambito sociale, i temi chiave restano parità di genere, inclusione e formazione continua. A livello di governance, spiccano trasparenza, etica e gestione del rischio.
L’obiettivo non è solo adempiere a un obbligo normativo, ma costruire fiducia e reputazione nel lungo periodo, in un contesto dove investitori, clienti e partner richiedono sempre più coerenza e impegno sui temi della sostenibilità.
La “pagella ESG” diventa quindi uno specchio dell’identità aziendale e uno strumento strategico per attrarre capitali, talenti e opportunità. E rappresenta un passo concreto verso un modello economico più responsabile e resiliente.
Entro il 2030, 122 aeroporti europei puntano a raggiungere la neutralità climatica, ben prima del target ufficiale fissato al 2050. È quanto emerge dai dati diffusi da Aci Europe, l’associazione dei gestori aeroportuali europei, nel corso della conferenza annuale ad Atene. Su un totale di 314 aeroporti aderenti alla risoluzione Net Zero 2050, l’adesione anticipata di oltre un terzo rappresenta un segnale forte di cambiamento.
Tra gli scali più ambiziosi spiccano quelli italiani: Roma Fiumicino, Venezia, Milano Malpensa e Napoli Capodichino, con quest’ultimo già accreditato al nuovo Livello 5, il più avanzato nell’ambito della certificazione di sostenibilità. Questo livello non solo certifica l’azzeramento delle emissioni dirette (Scope 1 e 2), ma impone anche obiettivi chiari sulle emissioni indirette (Scope 3). L’Italia si muove dunque in prima linea, con Bologna, Milano Linate, Roma Ciampino e Torino che si sono dati scadenze tra il 2030 e il 2040, mentre Bergamo e Perugia restano allineati sull’obiettivo 2050.
Le strategie di decarbonizzazione adottate dai gestori includono l’uso di energie rinnovabili, l’elettrificazione dei mezzi a terra, l’efficientamento energetico degli edifici e l’adozione di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF). Un esempio concreto è l’accordo tra Adr ed Eni a Fiumicino, mentre Malpensa sperimenta SAF per i voli cargo insieme a DHL.
Il caso di Venezia rappresenta un esempio virtuoso: lo scalo, incastonato nel fragile ecosistema lagunare, ha sviluppato un Master Plan al 2037 che punta su biodiversità, intermodalità, depurazione delle acque e produzione energetica da agrivoltaico. Tutti gli investimenti sono stati realizzati in autofinanziamento, evidenziando un’assenza di fondi del PNRR che, secondo i gestori, rappresenta un’occasione persa.
La sfida climatica nel settore aeroportuale è ormai avviata: l’Europa e l’Italia mostrano che sostenibilità e infrastrutture possono – e devono – andare di pari passo.
La sostenibilità entra nei bilanci. È ora disponibile il primo corso interamente dedicato ai crediti di carbonio rivolto a commercialisti, revisori contabili e consulenti d’impresa, grazie al finanziamento di Regione Lombardia e all’organizzazione di Eurast Srl. Un percorso formativo di 40 ore, pensato per fornire ai professionisti gli strumenti necessari a supportare le aziende clienti nella gestione strategica dei crediti volontari di carbonio (VCM). «Oggi le imprese chiedono ai loro commercialisti non solo competenze fiscali, ma anche una guida concreta per accedere alle opportunità della transizione ecologica», spiega l’ing. Luca Rastello, direttore tecnico di Eurast. «Chi saprà integrare i crediti di carbonio nei bilanci e nei processi di certificazione ambientale avrà un forte vantaggio competitivo». Una competenza chiave per certificare la sostenibilità… o monetizzarla. Il corso risponde a due scenari strategici che stanno diventando realtà: Le aziende che non raggiungono gli obiettivi di riduzione delle emissioni possono compensarle acquistando crediti di carbonio certificati. Le aziende sostenibili, invece, possono generare e cedere crediti volontari, trasformando il proprio impegno ambientale in un beneficio economico. In entrambi i casi, il commercialista gioca un ruolo cruciale nel: verificare l’impatto ambientale ed economico delle operazioni ESG; accompagnare le aziende nei processi di certificazione; integrare i crediti nel bilancio aziendale; ottimizzare fiscalmente le scelte sostenibili. Il programma. Dieci moduli da 4 ore, con docenze altamente qualificate, esercitazioni e case study reali. I temi affrontati includono: i mercati ETS e VCM, la tassonomia UE e il meccanismo CBAM, la progettazione certificata di progetti di riduzione emissioni, monitoraggio e verifica delle emissioni per garantire la trasparenza Scope 1, 2 e 3, il contesto normativo italiano e le opportunità per le imprese lombarde.
La sostenibilità integrale e l'innovazione come motori di sviluppo e driver della competitivita' di piccole e medie imprese rimangono al centro del percorso Road to Social Change. Per l'edizione 2025 il percorso si rinnova, ponendo il focus su alcune delle filiere produttive piu' significative del nostro Paese: meccanica, food, turismo, fashion, arredo e design. "Investire in formazione, in particolare sui temi della sostenibilita' edell'innovazione, significa contribuire in modo concreto alla costruzione di un futuro piu' solido, equo e inclusivo. Con Road to Social Change 2025, confermiamo il nostro impegno nel formare professionisti specializzati, offrendo loro strumenti concreti per affrontare le sfide della transizione.
L'obiettivo e' sostenere la crescita dei territori, rafforzando competitivita' e attenzione alla dimensione sociale, cosi' da generare valore reale per le nostre comunita'", ha dichiarato Annalisa Areni, Head of Client Strategies di UniCredit Italia. Le filiere produttive svolgono un ruolo decisivo nel trainare l'economia del Paese e nel contribuire al suo Pil. Per questo, adottare la prospettiva della Sostenibilita' Integrale all'interno di esse significa far crescere la competitivita' delle filiere e orientare i comportamenti degli attori verso modelli innovativi, efficienti, integrati, piu' responsabili ed etici.
L'ambizione del percorso e' creare un mindset imprenditoriale che punta legare intenzionalmente la strategia di sostenibilita' alla competitivita' di impresa e territorio.
L’Italia entra ufficialmente nell’Alleanza Nucleare europea, segnando una svolta nella politica energetica nazionale. L’annuncio è stato dato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin al Consiglio Energia di Lussemburgo, dopo anni in cui il nostro Paese aveva mantenuto solo lo status di osservatore. Questa decisione arriva in risposta alle recenti crisi energetiche e alla necessità di garantire sicurezza, autonomia e decarbonizzazione al sistema energetico nazionale.
Dopo i referendum del 1987 e del 2011 che avevano sancito la chiusura delle centrali nucleari italiane, il governo ha riaperto il dibattito sul nucleare, puntando sulle tecnologie più innovative come i piccoli reattori modulari (SMR). Questi impianti, più sicuri e flessibili rispetto alle centrali tradizionali, sono al centro del nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC).
L’Alleanza Nucleare, lanciata nel 2023 su iniziativa della Francia, riunisce i Paesi europei che vedono nell’atomo un pilastro della strategia climatica per il 2050. Oltre all’Italia, ne fanno parte Francia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia. L’obiettivo comune è rafforzare la cooperazione tecnologica e finanziaria, sviluppare una filiera industriale europea e ridurre la dipendenza energetica dall’estero.
Per l’industria italiana si aprono nuove opportunità: accesso a finanziamenti, partecipazione a progetti di ricerca e sviluppo, rafforzamento della competitività della filiera nazionale. Tuttavia, permangono sfide significative come la gestione delle scorie radioattive — oltre 35 mila metri cubi sono già stoccati in Italia — e la necessità di ottenere il consenso sociale per evitare nuovi stop referendari.
Con l’ingresso nell’Alleanza, l’Italia si posiziona come protagonista della transizione energetica europea, riconoscendo il nucleare come pilastro strategico accanto alle fonti rinnovabili. Una scelta che punta a garantire sicurezza, sostenibilità e competitività al sistema energetico e industriale nazionale.
L’ascesa dell’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il mondo digitale, ma impone una sfida cruciale: alimentare i data center che ne sono il cuore con energia affidabile, continua e a basse emissioni. In questo scenario, Meta – la casa madre di Facebook, Instagram e WhatsApp – ha scelto il nucleare come soluzione strategica per sostenere la crescita dei suoi servizi AI, segnando un punto di svolta per tutto il settore tech.
L’accordo Meta–Constellation: energia nucleare per i data center
Nel giugno 2025 Meta ha siglato un accordo ventennale con Constellation Energy per acquistare circa 600 MW di energia dalla centrale nucleare Clinton, in Illinois. Questo impianto, con una capacità totale di 1.121 MW, era a rischio chiusura ma, grazie all’investimento di Meta, resterà operativo almeno fino al 2047. L’energia prodotta alimenterà i data center statunitensi del gruppo, garantendo elettricità stabile e a zero emissioni dirette di CO₂.
L’accordo rappresenta una risposta concreta all’aumento esponenziale dei consumi elettrici legati all’AI: secondo le stime, la domanda dei data center potrebbe raddoppiare entro il 2030, trainata da applicazioni come l’AI generativa e il machine learning. Meta, che già nel 2024 aveva visto crescere del 34% i consumi dei suoi data center, punta così a coniugare crescita digitale e sostenibilità.
Perché il nucleare per l’AI?
Il nucleare offre tre vantaggi chiave per alimentare l’AI:
Continuità: fornisce energia 24/7, fondamentale per data center che non possono subire interruzioni.
Basse emissioni: consente di ridurre l’impronta carbonica rispetto alle fonti fossili.
Scalabilità: può sostenere la crescita futura dell’infrastruttura digitale, anche grazie a tecnologie come i piccoli reattori modulari (SMR).
Questa scelta si inserisce in una tendenza globale: anche altri giganti tech come Google e Microsoft stanno esplorando partnership con operatori nucleari per alimentare i loro poli AI, puntando a una transizione energetica che sia davvero sostenibile.
Opportunità e sfide
L’investimento di Meta garantisce non solo energia pulita e affidabile, ma anche la salvaguardia di posti di lavoro e investimenti nell’industria nucleare locale. Tuttavia, restano alcune criticità: i tempi e i costi per nuovi impianti sono elevati, la gestione delle scorie e l’accettazione sociale richiedono attenzione, e la capacità nucleare dovrà crescere rapidamente per tenere il passo con la domanda AI.
Conclusioni
La scelta di Meta di puntare sul nucleare per alimentare l’AI rappresenta un modello per tutto il settore digitale: solo fonti stabili e a basse emissioni possono sostenere la rivoluzione tecnologica in corso. L’alleanza tra nucleare e AI potrebbe diventare la chiave per una crescita digitale davvero sostenibile, offrendo nuove prospettive per l’industria energetica e per la transizione verso un futuro a zero emissioni.
FEDERLEGNOARREDO PRESENTA IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ 2024
Formazione, progetti europei, norme e circolarità: così il legno-arredo investe nella green economy
In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, FederlegnoArredo presenta il Bilancio di Sostenibilità 2024, riaffermando il proprio impegno concreto nella transizione ecologica della filiera legno-arredo.
Dalla formazione al fine vita dei prodotti, passando per la circolarità dei materiali e l’adeguamento normativo, il documento raccoglie dati, progetti e azioni concrete che testimoniano un impegno strutturato e condiviso, sia all’interno dell’organizzazione che in favore delle aziende associate.
980 ore di formazione erogate ai dipendenti, 8 progetti europei attivi, 45 webinar gratuiti per gli associati: sono solo alcuni dati significativi di un percorso volontario che mette la sostenibilità economica, sociale e ambientale al centro.
“La sostenibilità, per FederlegnoArredo e per le aziende che rappresenta, non è una moda né un obbligo, ma una visione di lungo periodo che si concretizza nel quotidiano, grazie soprattutto a un’azione sistemica della filiera legno-arredo, leader sui temi dell’economia circolare e promotrice di uno sviluppo economico che si fonda sul rispetto dell’ecosistema e del capitale umano – dichiara il presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin (FOTO) - Il Bilancio di Sostenibilità 2024 non è soltanto una fotografia di ciò che abbiamo fatto, ma vuol essere anche una bussola per orientare le scelte future”.
NORMATIVE EUROPEE E SUPPORTO ALLE IMPRESE
Il 2024 è stato un anno cruciale per l’avanzamento della transizione ecologica nella filiera del legno-arredo, un anno che, in alcuni casi, ha visto il proliferare di norme e regolamenti così impattanti sul settore da diventare un ostacolo e rappresentare un problema di competitività.
Il supporto alle imprese nell’interpretazione delle normative rappresenta infatti uno dei fronti strategici su cui FederlegnoArredo è impegnata.
Nel 2024, la Federazione ha intensificato il presidio sulle normative europee, supportando le imprese nell’implementazione del nuovo Regolamento sull’ecodesign (ESPR), strumento destinato a incidere in profondità sul ciclo di vita dei prodotti. Accanto a questo, il lavoro si è concentrato anche sulla normativa imballaggi e sul Regolamento UE contro la deforestazione, tutti elementi centrali per la competitività del comparto. A beneficio delle aziende associate, FederlegnoArredo ha predisposto linee guida operative, tavoli di confronto e un’azione costante di rappresentanza a Bruxelles, collaborando con le istituzioni per garantire un’applicazione delle norme che sia efficace, proporzionata e coerente con le specificità della filiera.
Un altro passo decisivo nel 2024 è stato l’avvio della creazione di un Consorzio per la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per l’arredo. Una scelta strategica che anticipa possibili obblighi normativi e rappresenta una svolta nella gestione del fine vita dei prodotti, promuovendo modelli di riuso, filiere del riciclo e nuove opportunità di business. Il Consorzio ha sottoscritto nel 2025 un accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente, per analizzare i flussi e la composizione dei rifiuti del comparto.
CASE HISTORY E TESTIMONIANZE
Per rendere tangibile l’impatto dell’azione federativa, il Bilancio di Sostenibilità presenta una selezione di aziende associate che hanno intrapreso percorsi virtuosi in ambito ambientale, sociale e organizzativo, anche grazie al supporto di FederlegnoArredo. Un patrimonio di esperienze che dimostra come la sostenibilità possa essere non solo un valore, ma anche un fattore competitivo.
“Ci auguriamo che queste pagine siano in grado di restituire il senso del lavoro svolto in un anno particolarmente complesso per la nostra filiera, un anno in cui, accanto alle sfide quotidiane del fare impresa, abbiamo continuato a porre al centro la sostenibilità come leva di sviluppo, innovazione e competitività per il settore - conclude Feltrin - Il dialogo con gli stakeholder, il presidio normativo, la formazione delle nuove generazioni, la promozione del Made in Italy e la transizione ecologica sono le direttrici su cui continueremo a lavorare, forti di una visione condivisa”.
Per approfondire i contenuti del Bilancio di Sostenibilità 2024 è possibile consultare il documento completo sul sito di FederlegnoArredo.
Il Giro-E 2025, sponsorizzato da Enel, ha attraversato l’Italia dal 13 maggio all’1 giugno, proponendo un’esperienza unica nel suo genere: un grande giro ciclistico su biciclette da corsa a pedalata assistita (e-bike), che unisce sport, sostenibilità e promozione della mobilità green. Con 18 tappe che da Ostuni hanno portato i partecipanti fino a Roma, per un totale di 1.098 chilometri e quasi 20 mila metri di dislivello, il Giro-E si conferma come il primo e unico grande giro al mondo dedicato alle e-road bike, un evento capace di coniugare passione sportiva e innovazione tecnologica.
Il Giro-E rappresenta una vetrina straordinaria per il ciclismo elettrico, una disciplina in rapida crescita che sta trasformando il modo di vivere la bicicletta. Le e-bike utilizzate sono dotate di motori da 250W, con velocità limitata a 25 km/h, e consentono anche a ciclisti con preparazione media di affrontare percorsi impegnativi, come quelli tipici del Giro d’Italia, superando salite e distanze che altrimenti sarebbero riservate solo ai professionisti. Questa tecnologia rende il ciclismo accessibile a un pubblico più ampio, promuovendo uno stile di vita attivo e sostenibile.
Oltre alla competizione sportiva, il Giro-E si propone come piattaforma di sensibilizzazione sulla mobilità sostenibile e la transizione energetica. In tutte le città di partenza è stato allestito il “Green Fun Village”, un’area dedicata all’informazione, all’intrattenimento e alla promozione di temi come la mobilità dolce, l’efficienza energetica e la tutela ambientale. Qui il pubblico ha potuto conoscere da vicino le innovazioni tecnologiche, partecipare a eventi culturali e interagire con esperti e istituzioni impegnate nella transizione ecologica.
Enel, title sponsor dell’evento, ha accompagnato il Giro-E con stand informativi e iniziative volte a valorizzare i progetti di efficientamento energetico e produzione di energia pulita realizzati nei territori attraversati dalla corsa, come Gorizia, Pompei, Soave e Valdobbiadene. La presenza di Enel ha sottolineato il legame tra sport e sostenibilità, evidenziando come la mobilità elettrica e le energie rinnovabili siano strumenti fondamentali per un futuro a basse emissioni.
Il Giro-E non è solo una gara, ma un’esperienza collettiva che coinvolge ciclisti di diversi livelli, accompagnati da capitani di fama internazionale come Gianni Bugno, Claudio Chiappucci e Damiano Cunego, che hanno il ruolo di tutor e motivatori. Questa formula permette ai partecipanti di vivere un’esperienza unica, pedalando su strade chiuse al traffico e condividendo la passione per il ciclismo in un contesto di sicurezza e rispetto ambientale.
Le tappe si svolgono in gruppo compatto, con prove di regolarità e sprint esibizione, e gli arrivi sono celebrati sotto lo stesso arco e sullo stesso podio del Giro d’Italia professionistico, conferendo prestigio e visibilità all’evento.
Il successo del Giro-E riflette il crescente interesse verso il ciclismo elettrico come mezzo di trasporto urbano e ricreativo. Le e-bike rappresentano una soluzione efficace per ridurre l’uso dell’auto, diminuire le emissioni di CO2 e migliorare la qualità della vita nelle città. Grazie all’assistenza elettrica, è possibile coprire distanze maggiori e superare barriere come salite e venti contrari, rendendo la bici uno strumento accessibile a un pubblico più ampio, inclusi anziani e persone con limitazioni fisiche.
Inoltre, il ciclismo elettrico favorisce un turismo sostenibile, incentivando la scoperta del territorio in modo lento e rispettoso dell’ambiente, come dimostrano le tappe del Giro-E che attraversano alcune delle più belle regioni italiane.
L’edizione 2025 del Giro-E conferma come il connubio tra sport, tecnologia e sostenibilità possa creare eventi di grande impatto culturale e sociale. La mobilità elettrica, rappresentata dalle e-bike, è destinata a diventare sempre più centrale nelle strategie di mobilità urbana e nei programmi di decarbonizzazione.
Il Giro-E è quindi molto più di una gara: è un messaggio concreto di cambiamento, un invito a ripensare il nostro modo di muoverci e a scegliere soluzioni che rispettino il pianeta, promuovendo salute, benessere e innovazione.
In questo scenario, iniziative come il Giro-E, supportate da aziende come Enel, giocano un ruolo chiave nel diffondere la cultura della mobilità green e nel sostenere la transizione verso un futuro più sostenibile per tutti.
Dal 14 al 16 maggio 2025, Milano ha ospitato NetZero Milan, un evento internazionale focalizzato sulla decarbonizzazione industriale e sulla trasformazione della rete elettrica verso emissioni zero. Tenutosi presso il centro congressi Allianz MiCo, il summit ha riunito istituzioni, imprese, esperti e investitori per discutere tecnologie, politiche e strategie volte ad accelerare la transizione energetica nel settore industriale e nella gestione della rete.
Tra le soluzioni tecnologiche più promettenti presentate, le pompe di calore industriali si confermano una leva fondamentale per sostituire i combustibili fossili nel riscaldamento di processo, soprattutto per temperature fino a 200°C. In Italia, circa il 31% del fabbisogno termico industriale rientra in questa fascia, con un potenziale di riduzione di 16 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti.
Altre tecnologie chiave includono la cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS), essenziale per i settori più difficili da decarbonizzare, e l’idrogeno verde, con applicazioni industriali in crescita. Soluzioni di accumulo energetico e digitalizzazione della rete sono invece cruciali per integrare le fonti rinnovabili e garantire la stabilità del sistema elettrico.
NetZero Milan ha evidenziato l’importanza di politiche pubbliche chiare e incentivi adeguati per accompagnare le imprese nel percorso verso la neutralità climatica. Nonostante gli investimenti in infrastrutture energetiche abbiano superato i 6 miliardi di euro nel 2024, molte aziende non hanno ancora fissato obiettivi ambiziosi per il 2030, sottolineando la necessità di rafforzare il supporto finanziario e normativo.
La trasformazione della rete elettrica è stata un altro tema centrale, con focus sull’integrazione delle rinnovabili, la gestione intelligente della domanda e lo sviluppo di sistemi di accumulo. La collaborazione tra industria e rete è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2050, garantendo al contempo sicurezza energetica e competitività economica.
NetZero Milan 2025 ha rappresentato un momento chiave per definire strategie concrete verso un’industria e una rete elettrica a emissioni zero. L’evento ha confermato che la combinazione di tecnologie mature, politiche efficaci e investimenti mirati è essenziale per accelerare la transizione energetica, preservare la competitività industriale e costruire un futuro sostenibile per l’Italia e l’Europa.
Milano ha ospitato il 7 e 8 maggio 2025 l’evento “Strategie Sostenibili Aziendali”, una conferenza di rilievo dedicata alle best practice in tema di decarbonizzazione e gestione energetica nelle imprese. L’iniziativa ha visto la partecipazione di numerosi grandi gruppi industriali, rappresentanti istituzionali, esperti del settore energetico e della sostenibilità, offrendo un’occasione unica di confronto e condivisione di esperienze concrete per accelerare la transizione ecologica nel mondo produttivo italiano.
Il cuore dell’evento è stato il tema della decarbonizzazione, intesa come processo imprescindibile per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere gli obiettivi climatici europei e nazionali. Le aziende presenti hanno illustrato i loro percorsi di trasformazione, mostrando come l’adozione di tecnologie innovative, l’efficientamento energetico e l’integrazione delle fonti rinnovabili siano leve fondamentali per migliorare la sostenibilità ambientale e la competitività sul mercato.
Tra le best practice emerse, particolare rilievo hanno avuto:
L’implementazione di sistemi di monitoraggio avanzati per ottimizzare i consumi energetici e ridurre gli sprechi;
L’uso di energia da fonti rinnovabili, con progetti di autoproduzione e acquisto di energia verde certificata;
L’adozione di modelli di economia circolare per minimizzare l’impatto ambientale lungo tutta la filiera produttiva;
La digitalizzazione dei processi come strumento per aumentare l’efficienza e la trasparenza nella gestione energetica.
L’evento ha messo in luce come le grandi imprese italiane stiano assumendo un ruolo di leadership nella transizione energetica, non solo investendo in innovazione ma anche promuovendo collaborazioni con startup, centri di ricerca e istituzioni pubbliche. Questi partenariati sono fondamentali per sviluppare soluzioni tecnologiche avanzate e per creare un ecosistema favorevole alla sostenibilità.
Sono stati presentati casi concreti di joint venture e progetti congiunti finalizzati a sviluppare tecnologie pulite, come l’uso di idrogeno verde, l’implementazione di sistemi di accumulo energetico e l’introduzione di processi produttivi a basse emissioni.
Le due giornate di conferenza hanno previsto sessioni plenarie, workshop tematici e tavole rotonde, durante le quali sono stati affrontati temi chiave quali:
Le sfide normative e le opportunità offerte dai nuovi incentivi europei e nazionali;
Le strategie per la gestione efficiente dell’energia nelle grandi strutture industriali;
L’importanza della formazione e della cultura aziendale per sostenere il cambiamento;
Le prospettive future della decarbonizzazione e le tecnologie emergenti.
“Strategie Sostenibili Aziendali” ha confermato l’urgenza e la centralità della sostenibilità nel mondo imprenditoriale, evidenziando come la gestione energetica efficiente e la decarbonizzazione rappresentino non solo una responsabilità ambientale ma anche un’opportunità di crescita e innovazione.
L’evento ha inoltre sottolineato la necessità di un approccio integrato, che coinvolga tutti gli attori della filiera produttiva e che sia supportato da politiche pubbliche chiare e incentivi mirati.
La conferenza di Milano ha rappresentato un momento fondamentale per consolidare la rete di imprese impegnate nella transizione energetica e per diffondere modelli replicabili di sostenibilità aziendale. Le testimonianze raccolte e le soluzioni presentate offrono un patrimonio di conoscenze prezioso per le imprese italiane che intendono affrontare con successo le sfide ambientali e competitive del prossimo futuro.
In un contesto globale sempre più attento alla sostenibilità, eventi come “Strategie Sostenibili Aziendali” sono essenziali per promuovere un cambiamento culturale e tecnologico che metta al centro l’innovazione responsabile e la tutela dell’ambiente.
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