Sembra una gara di velocità, ma il cronometro mondiale dell’efficienza energetica continua a restituire un dato disarmante: stiamo correndo… ma non abbastanza. Mentre il Pianeta si stringe nelle promesse climatiche prese in sedi internazionali, l’asticella dei risultati reali si muove più lentamente del necessario. Eppure, proprio nei piccoli scatti degli ultimi mesi si intravede la possibilità di un cambio di passo decisivo.
Il nuovo report Energy Efficiency 2025 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia lo dice chiaramente: il miglioramento dell’intensità energetica globale – cioè quanta energia serve per produrre valore economico – sta finalmente accelerando dopo un 2024 deludente. Il tasso di crescita è oggi all’1,8%, quasi il doppio rispetto allo scorso anno, ma ancora lontano da quel 4% annuo che la COP28 aveva indicato come obiettivo imprescindibile entro il 2030 per mantenere il clima entro margini gestibili.
La fotografia è nitida: i progressi non mancano, ma sono distribuiti in modo diseguale. Da un lato, economie come India e Cina stanno imprimendo una spinta significativa, con miglioramenti stimati tra il 3% e il 4%. Dall’altro, Stati Uniti e Unione Europea mostrano un rallentamento evidente: superata la fase di efficienza “forzata” generata dalla crisi energetica, l’intensità migliora ora solo dell’1%, segnando una frenata che pesa sulla dinamica globale.
A rendere il quadro ancora più complesso intervengono tre elementi. Primo: la crescita della domanda energetica nel settore industriale, sempre più energivoro, che assorbe due terzi dell’incremento registrato dal 2019 a oggi e neutralizza parte dei progressi ottenuti altrove. Secondo: politiche pubbliche spesso troppo lente nell’aggiornare standard e regolamentazioni, incapaci di tenere il ritmo dell’innovazione tecnologica. Terzo: la nuova geografia climatica del pianeta, che spinge milioni di persone a un uso sempre più intenso della climatizzazione. Il raffrescamento è oggi la voce di consumo energetico cresciuta più rapidamente negli edifici: oltre il 4% l’anno dal 2000, con apparecchi che nella maggior parte dei casi restano ancora poco efficienti.
Eppure, il report IEA indica anche un fronte ricco di opportunità economiche. Gli investimenti in efficienza energetica hanno sfiorato gli 800 miliardi di dollari nel 2025, in crescita del 6% sull’anno precedente. Un segnale che le imprese, in molti Paesi, iniziano a considerare l’efficienza non come un costo, ma come una leva strategica per competitività, riduzione dei rischi e aumento della resilienza. C’è poi il tema del lavoro: nel 2024 il settore contava quasi 18 milioni di occupati nel mondo, ma con un potenziale molto più ampio. La vera barriera non è la domanda, bensì la carenza di competenze specializzate, un vuoto che frena la capacità di realizzare progetti, innovare processi e scalare soluzioni.
L’efficienza energetica, insomma, non è solo una questione tecnica. È una strategia industriale, una politica sociale, una promessa di stabilità economica. E il suo avanzamento — anche se oggi procede in modo incerto – resta una delle leve più immediate, convenienti e ad alto impatto per ridurre consumi, emissioni e costi per imprese e cittadini. La partita è aperta: la velocità attuale non basta, ma la direzione, finalmente, sembra quella giusta.
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