Intervista a Chiara Cormanni di P.P. Inox
di Rosella Redaelli
Quella della P.P. Inox di Cerro Maggiore (Mi) è la storia di una rigenerazione che ha trasformato l’azienda, fondata nel 1979 da Claudio Cormanni, da laboratorio artigiano specializzato nella lavorazione dell’inox in un'azienda meccatronica, che nel 2020 ha registrato, insieme alla società controllata, un fatturato di 38milioni di euro.
La storia dell’azienda che oggi impiega 47 persone (un fatturato di 47 milioni insieme alla controllata ITC) e ha appena acquisito un nuovo capannone accanto alla sede storica è raccontata a due voci dal fondatore Claudio Cormanni e dalla figlia Chiara, 35 anni, una laurea in economia aziendale in Bocconi, esperienza in Finmeccanica, poi in Perfetti Van Melle prima di entrare nell’azienda di famiglia per accompagnarne la trasformazione.
“Quando ho iniziato nel 1979 avevo 23 anni - spiega il fondatore - l’azienda è cresciuta con me e con le competenze che man mano ho acquisito puntando sempre sull’innovazione. Abbiamo iniziato con un mercato solo italiano e clienti legati al mondo dei casalinghi come Alessi o Lagostina. Con mio fratello Massimo, entrato in azienda qualche anno dopo, siamo andati a cercare nuovi settori come quello della filtrazione che ci ha portato oggi ad avere un migliaio di clienti in tutto il mondo e ad essere tra i primi quattro produttori di profili speciali”.
Anche se relativamente giovane l’azienda ha sempre puntato su ricerca e sviluppo, ma la vera rivoluzione è iniziata 15 anni fa, non senza qualche resistenza da parte degli operai al lavoro da anni.
“La trasformazione in azienda meccatronica - spiega Chiara Cormanni - è una rivoluzione culturale. Gli operai che lavoravano con noi fin dall’inizio, hanno fatto fatica ad accettare le macchine controllate tramite palmari, le tante ore di formazione continua che a qualcuno possono sembrare una perdita di tempo. Ora però hanno capito che serve un cambio di mentalità, i prodotti sono di altissimo livello e ci hanno permesso di raggiungere clienti in tutto il mondo e di interfacciarci con colossi internazionali. Gli operatori hanno davvero compreso che serviva un cambio di passo, un reskilling per aggiornare il modo di lavorare e le loro conoscenze. I nostri dipendenti sono fondamentali, sono parte attiva di tutto il processo di produzione e di controllo della qualità e sono i primi ad andare in laboratorio per verificare il prodotto finito”.
Alla P.P Inox non ci sono più le “tute blu”, sostituite da polo e pantaloni e il lavoro dell’operaio è profondamente cambiato ed è distante anni luce dalla catena di montaggio e dai gesti ripetuti all’infinito.
Non si tratta, però, di un percorso tutto in discesa, soprattutto in Italia.
Alla P.P Inox dal 2015 è stato assunto un Innovation manager che per prima cosa ha imparato il mestiere, ha studiato i processi e poi ha accompagnato la trasformazione, facendo da trait d’union tra i clienti e la fabbrica.
L’altra difficoltà per l’azienda meccatronica in Italia è legata al personale: “La scuola non forma le figure di cui le aziende hanno bisogno - prosegue il fondatore. Raro trovare qualcuno che sappia già operare con fresa o tornio. Impossibile trovare diplomati con conoscenze in meccanica, informatica ed elettronica che è ciò che la nuova industria richiede”.
Ne consegue che la formazione del personale si deve necessariamente fare in azienda, affiancando i nuovi assunti (la P.P. Inox è in fase di assunzione per le linee della nuova sede) con il personale esperto.
Un lavoro di affiancamento, un trasferimento di competenze che dura oltre un anno per avere un operaio altamente specializzato, “professionisti - prosegue il fondatore - che in molti casi percepiscono uno stipendio più alto di un neo ingegnere”.
“Gli investimenti per la trasformazione e la crescita dell’azienda, risorse umane e macchinari, ce li siamo pagati noi, in Italia mancano sostegni in questo senso - spiega il titolare - però sono investimenti che ci stanno ripagando dell’impegno e del lavoro fatto e non solo in termini di utili aziendali”.
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